lunedì 5 febbraio 2007

PERCHE' QUESTO BLOG?

a cura di Ignazio Poddighe
Durante gli studi universitari, presso la facoltà di scienze della formazione di Cagliari, ho avuto modo di incontrare la figura di Luigi Stefani e dunque di iniziare a conoscerne il suo pensiero che ha esercitato in me il fascino dell'equilibrio. Oserei infatti definire il prof. Stefanini il filosofo equilibrato e il cristiano disincantato, dove per "equilibrio" intendo soprattutto la capacità di onestà intellettuale e per "cristiano disincantato" la capacità di assecondare i bisogni dell'anima che anche il filosofo incontra nel riconoscimento del trascendente. Perfettamente cosciente, Luigi Stefanini, affronta le tematiche religiose ricorrendo ai principi dell'etica e facendo della sua esperienza personale una possibilità ermeneutica sul connubio tra fede e ragione.
La brillantezza, nonchè la freschezza e la perfetta attualità di Luigi Stefanini mi hanno portato ad iniziare un lavoro di ricerca più serio del precedente, dedicando il mio lavoro dottorale al legame che il filosofo ha avuto con Giovanni Gentile e al superamento dell'impronta attualista con la proposta del personalismo che in Stefanini vede il suo rappresentante in Italia.
Questo blog nasce dunque dalla certezza che la figura di Luigi Stefanini debba essere meglio conosciuta in ambito filosofico e soprattutto in ambito cattolico. Un piccolissimo contributo da offrire a coloro i quali vorranno interessarsene, in supporto alla Fondazione Luigi Stefanini che tanto fa per favorirne la conoscenza nei vari ambiti culturali.

sabato 3 febbraio 2007

BIOGRAFIA DI LUIGI STEFANINI

LUIGI STEFANINI
di Renato Pagotto
in FILOSOFIE NEL TEMPO, a cura di Paolo Salandini e Roberto Lolli - Opera diretta da Giorgio Penzo, ed. Spazio Tre, Roma 2006, vol.III, t. II, pp. 1581-1598.


Note biografiche.

Al primo sguardo, la vita di Stefanini appare abbastanza tranquilla, sia a Treviso, dove nasce (3 novembre 1891) ed opera sino ai primi anni Venti, che a Padova, dove si stabilisce con l’amatissima famiglia, in qualità di docente. In realtà è piuttosto movimentata, come risulta dal copioso epistolario, e non priva di profonde sofferenze (“ingiustizie” subite – v. corrispondenza - e perdita della moglie mentre è di pochi mesi la terzogenita) cui reagisce con luminosa serenità d’animo e l’abituale consapevole fiducia nell’esistenza. Suoi riferimenti base sono: fede e ragione. Su questa, appena sedicenne così si esprime: “so che nell'animo mio c'è tutto quello che abbisogna all'uomo […] per liberarmi dall'ambiente, dalle circostanze esterne, da tutta quella artefazione di cui la scuola e l'educazione e la società in cui viviamo ci opprimono, e per attingere solo dalla mia ragione e dal mio sentimento, tali quali me li ha dati la natura”
[1].
Negli anni giovanili è protagonista dinamico sul piano religioso e politico-sociale. Tra organizzazioni di conferenze e partecipazioni a convegni, accumula un’esperienza intensa. Promuove e dirige il mensile «Il Foglio dei giovani», con articoli distinguibili per l’apologetica misurata e franca, sino alla sua chiusura, per dissensi, pur garbati, con la gerarchia ecclesiastica, che l’ammonisce circa il pericolo delle “seduzioni della ragione autonoma”
[2]. È uno dei motivi che lo convincono a fare dello studio il suo obiettivo primario, cui dedicare tutte le energie.
La laurea a Padova, nel 1914 con l’Aliotta, rivela già la duplice impronta dei suoi interessi speculativi: l’esperienza personale su cui fondare ogni conoscenza e la razionalità pienamente dispiegata, sì da misurarsi con la fede e “penetrando nel cuore dei sistemi della filosofia moderna, vi scopra il fermento di verità che ha lievitato la massa dell’errore”
[3]. La tesi, subito pubblicata[4], riguarda M. Blondel che, pur sospettato di modernismo, trova in Stefanini dapprima un giudizio critico sul dualismo tra azione e pensiero, ma poi sempre più un sincero estimatore.
Nella dura quadriennale parentesi della guerra mondiale, è attivo al fronte da convinto patriota, meritandosi la croce al merito, seppur volto ad altri valori, come attesta un suo superiore (in una foto lo si vede con gavetta e libri sotto la tenda).
Al ritorno completa la preparazione scientifica con una seconda laurea (sul Gravina) nell’ambito dell’estetica che curerà particolarmente. Tra le difficoltà del dopoguerra partecipa alle vicende politiche e, da consigliere, sia comunale che provinciale, si cimenta con le avvisaglie delle violenze squadriste e del massimalismo socialista, pronunciandosi apertamente in difesa delle libertà democratiche e del sentimento di patria, come risulta dai verbali.
A Padova passa dall’insegnamento liceale alla docenza universitaria, dopo un concorso ov’è palese un certo ostracismo da parte degli ‘idealisti’. S’impone per l’indiscutibile preparazione scientifica, riscontrabile tuttora dai volumi su Platone. Si trova ad essere quasi unico pensatore cristiano in cattedra universitaria, come ricorda A. Rigobello, uno dei suoi più fedeli interpreti
[5]. In seguito, da filosofo credente promuove, con altri, varie iniziative scientifiche e pedagogiche in ambito nazionale, tra cui, nel secondo dopoguerra, il movimento detto di Gallarate in cui figura, tra l’altro, la realizzazione dell’Enciclopedia Filosofica (ed. Sansoni). Muore a Padova il 16 gennaio 1956.

Sfondo storico.

Stefanini ci riporta ad uno sfondo storico contrassegnato da fasi abbastanza distinte. Una prima fase coincide con un’epoca di passioni patriottiche (e nazionalistiche) con imprese coloniali, fermenti letterari dannunziani, il dominante idealismo
[6], un cattolicesimo intransigente (restìo a fare i conti con la modernità), il socialismo operaistico, le novità democratiche (suffragio universale) accompagnate da accesi contrasti ideologici.
Una seconda fase, caratterizzata dall’involuzione totalitaria del fascismo e dai rapporti concordatari del 1929 con il mondo cattolico, registra poche libere espressioni culturali (Enciclopedia Italiana, Pirandello e altri), in genere politicamente coartate entro schemi di un regime coinvolto, poi, infaustamente, nel secondo conflitto mondiale.
Una terza fase è il periodo della ricostruzione postbellica, con il ritrovato interesse per la dialettica democratica (sia nella cultura d’élite laica, cattolica e marxista, sia tra le masse), accompagnata dalla ripresa delle tensioni sociali nel riacquisito esercizio delle libertà civili. Il cosiddetto boom economico, l’estensione della scolarizzazione e le progressive conquiste sociali (nel lavoro, nella concezione della donna, nella partecipazione democratica di ceti sociali prima emarginati), e, nei suoi ultimi anni, la diffusione della televisione, comportano per Stefanini l’obbligo di elaborare una risposta, sul piano della riflessione filosofica, ai vari problemi
[7].

Opere.

La sua produzione è costituita da opere e da molti saggi, in gran parte raccolti dall’autore stesso e pubblicati in volumi tematici. Volendo attenerci alla ripartizione storica citata, possiamo attribuirgli una produzione dell’età giovanile, della maturità e della maturità avanzata, non avendo egli conosciuto la vecchiaia.
Tra le opere del periodo giovanile sono da segnalare: L'Azione. Saggio critico sulla Filosofia di M. Blondel (1915); Arte e vita nel pensiero di G.V. Gravina (1920-21); l’ampia serie di Manuali per le scuole superiori, come i sommari storici di filosofia e pedagogia (1924-1927, ripubblicati più volte sino al 1956 e rielaborati secondo i problemi estetico, religioso, morale, gnoseologico e pedagogico), si connota per l’esemplare accuratezza critica e chiarezza didattica nella presentazione degli autori (spesso tradotti in proprio, incluso Platone); La pedagogia dell'idealismo giudicata da un cattolico (1927).
Momento culminante di questo periodo, e passaggio alla fase successiva, sono i saggi del 1929, Reivindicatio, in cui attribuisce la prosecuzione della patristica ad una ‘illuminata’ e non ‘falsa’ (di Lovanio, ed altri) assimilazione cristiana del pensiero moderno; e Idealismo cristiano, che suscita rigetto da parte degli idealisti, G. Gentile in particolare, e apprensioni negli ambienti cattolici.
Alla fase della maturità vanno attribuite, tra vari saggi, le opere: Il rapporto educativo (1932), Mens Cordis. Giudizio sull'attivismo moderno (1933), Platone (1932, 1935), Imaginismo come problema filosofico (1936), Il momento dell'educazione. Giudizio sull'esistenzialismo (1938, ristampato nel 1948 con le pagine censurate dal fascismo), le due prolusioni di Messina e Padova: Inquietudine e tranquillità metafisica e Incrementi dell'umanesimo (1938), Problemi attuali d’arte (1939), L’ineffabile nella critica d'arte (1942), Arte e Critica (1943), La Chiesa Cattolica (1944), L’esistenzialismo di M. Heidegger (1944).
Alla maturità avanzata, del decennio 1946-1956, sino alla fondazione di «Rivista di estetica», appartengono le seguenti opere e raccolte di saggi: Gioberti (1947), Metafisica dell'arte (1948), Critica costruttiva dell'esistenzialismo (ateo e teistico) (1948-1950), La mia prospettiva filosofica (1950), Metafisica della persona (1950), Personalismo sociale (1952), Estetica come scienza della parola assoluta (1952), Il problema della storia (1953), Filosofia e Religione (1954), L’esistenzialismo (1954), Personalismo e problema della scienza (1954), Personalismo educativo (1955), Trattato di estetica (1955), Personalismo filosofico (1956)
[8].

Da Platone all’esistenzialismo.

Lo sguardo di Stefanini sull’intero arco della storia del pensiero, affinato nella stesura dei manuali filosofico-pedagogici, s’è focalizzato su alcuni autori congeniali: Platone e Agostino per l’antichità; Bonaventura per il medioevo; Cartesio, Gioberti, Blondel e gli esistenzialisti per moderni e contemporanei. Emerge così un filone portante volto alla costruzione di un sistema di pensiero dialogico con al centro l’unitarietà della persona e, per metodo, la procedura dell’eduzione intorno alla multiforme esperienza personale: “la filosofia, ch’è la scienza della verità totale, non induce né deduce, ma educe - cioè induce e deduce insieme -, illuminando i fatti allo splendore dell’idea e ricavando l’idea dall’esame dei fatti stessi.”
[9].
La concezione del bello, infine, lo caratterizza in un’estetica di raffronto con l’idealismo, secondo l’atto dello spirito produttivo di assoluto nel finito.

Scepsi ed eros.

Nei due volumi su Platone, “alla piena padronanza delle fonti primarie (la letteratura platonica e i frammenti della tradizione greca più antica) e delle primarie testimonianze (soprattutto Aristotele) fanno riscontro il dominio e l’impiego critico di tutta la letteratura secondaria, dell’Ottocento e del primo Novecento, prolungata fin quasi alla metà del nostro secolo [Novecento] negli aggiornamenti bibliografici della II edizione”
[10]: il “meglio che la storiografia filosofica italiana in passato ha prodotto su Platone”[11]. Per Stefanini il segreto di Platone è la scepsi, nella tensione dell’Eros, intrinseco alla struttura della ragione, sospinta alla continua ma non vuota ricerca: “Platone è il ricercatore instancabile di ciò che ha già trovato [...]. Giunto al limite della ricerca, egli non dichiara inconoscibile, ma semplicemente non conosciuto da lui ciò che resta al di là; non dubita della verità, ma delle prove della verità [...]. Eros è il simbolo divino di questa filosofia”[12].
Egli analizza, specialmente nel Sofista, le aporie del discorso platonico, apparentemente inconcludente e alle prese con le contraddizioni dell’‘unitarismo eleatico’ che in Parmenide obbligavano alla pura logica dell’identità. Mostra come Platone abbia superato una simile paralisi del pensiero, assumendone l’esercizio indefesso come luogo della verità. Questa, sempre irrinunciabile, resta aporetica. Irrinunciabile, per ragioni diverse, nella sua unità e molteplicità. Ma aporetica perché conciliabile soltanto in una sfera di realtà che obbliga il pensiero ad andare oltre il ragionamento dimostrativo, per affidarsi all’intuizione della possibilità di una dialettica interna, nella ‘comunanza’ tra le idee somme (essere, non essere, identico, diverso, contrario).
Nell’interpretazione di Platone focalizza uno dei problemi più ostici dell’esegesi platonica: il rapporto tra le idee, e tra le idee e la realtà, secondo la struttura mimetico-metessica. Vede il Sofista “quale risposta alle istanze del Fedro, del Teeteto e del Parmenide”
[13], rilevando che “non si identificano più le idee con l’essenza, ma si rendono ‘partecipi’ dell’essenza o – ciò che nella terminologia platonica le equivale – dell’essere”[14]. Partecipazione derivante dalla ‘natura’ di ciascuna idea su cui si basa un sistema di relazioni, un relazionismo da non scambiare con relativismo, quale si avrebbe se le idee fossero conseguenti alle relazioni tra loro e con la realtà, anziché queste dalla natura delle idee. Sì da poter parlare di ‘oggettività dialettica’ e di ‘distinzione ontologica’ a proposito delle idee[15]. In tale relazionismo si strutturano gerarchicamente sia le idee che il mondo sensibile.

“Connettivo e isolante delle idee (le imagini, che i pedanti mi rimproverano, non tornano mai tanto a proposito come nell’interpretazione del più imaginifico dei filosofi) connettivo e isolante sono appunto l’essere, l’identico e il diverso: connettivo il primo che tutti gli esseri abbraccia con la nota comune della realtà, isolante gli altri due, che saldano il singolo alla propria fuésiv [natura] e lo distinguono dalla fuésiv [natura] di ogni altro. Si potrebbe dire che l’essere, oltre che principio di realizzazione, è anche principio di coesione delle idee; che d’altronde l’identico è il principio di distinzione interna, mentre il diverso è il principio della distinzione esterna”
[16].

Immagine.

Intorno al tema dell’immagine Stefanini sviluppa in Il problema filosofico dell’imaginismo, dopo il Platone, l’universo semantico della conoscenza simbolica. Sia sul piano strettamente gnoseologico, per cui l’uso dell’immagine è strettamente connesso al problema del linguaggio, sia sul piano antropologico, ov’è valorizzata la dignità dell’individuo visto, sul solco della patristica, come imago Dei. Tale visione umanistica si preciserà in Stefanini come filosofia della persona. L’attività dello spirito reca intrinseco il riflesso del divino atto creativo. L’aspetto imitativo, che è derivazione dell’immagine, sancisce un’invalicabile alterità (negata nell’immanentismo), mentre il rapporto partecipativo garantisce l’autenticità del ritorno all’originale (impedito nel dualismo).

“Il confronto della posizione metessica con quella mimetica dà modo di delineare di entrambe i tratti differenziali, in cui è già segnata la duplice destinazione di ogni futura metafisica ed epistemologia. La metessi tende a denotare il processo di unificazione del reale, sia con una risoluzione dell'empirico nell'ideale, sia con la risoluzione in senso inverso dell'ideale nell'empirico, in ogni caso con l'immanenza dei due ordini. Invece la mimesi tende a staccare i diversi piani dell'essere, gerarchicamente disposti, con la trascendenza (cwrismoév) dei superiori rispetto agli inferiori. La prima è monistica, l'altra monadistica [...]. Nella metessi l'assoluto è pura noesi, nella mimesi è noesi e poiesi insieme. In quella l'ideale ha un valore formale, in questa formativo. Nella prima l'assoluto è il Bene quale oggetto d'amore, nella seconda quale soggetto e oggetto d'amore”
[17].

Dall’immagine s’ingenera l’‘inquietudine’ del conoscere a tutti i livelli (ontologico, gnoseologico, pedagogico, politico, estetico, ecc.) ma sempre nella ‘tranquillità metafisica’ del sapersi in un cammino dotato di senso. Nella realtà comunicativa del conoscere esistenziale è pertanto fondamentale il pensiero simbolico. Pensiero e linguaggio non sono mai esaustivi, ma sempre allusivi d’altro: intrinsecamente significativi, non costitutivi di realtà. Soltanto nell’attività artistica segno e immagine sono simbolo realizzato, assoluta immagine
[18].

Fenomenologia.

Con la concezione immaginistica Stefanini in parte s’accosta e in parte si discosta dalla fenomenologia, che diede avvio ad indirizzi a vario titolo esistenzialistici. In Il momento dell’educazione del 1938 egli passa in rassegna i principali esponenti della fenomenologia, con particolare attenzione ad Heidegger, il cui pensiero introduce in Italia, e a M. Scheler. Inaccettabile, per Stefanini, è la frattura ingenerantesi nella coscienza con l’adozione della ‘epoché’, che inficia alla radice il processo ideativo della conoscenza. La coscienza trascendentale, prigioniera della sua ipotesi metodologica, rimane nell’impossibilità costitutiva di trascendersi verso il mondo della vita, che dichiara di volersi garantire come proprio oggetto. Nella fenomenologia, dice, si sono posti in modo eccellente i problemi del rapporto tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, ma si è preteso di andare oltre con la soluzione dell’intenzionalità: una specie di “connettivo tanto elastico, da potersi allungare indefinitamente [...] sì da congiungere al soggetto tutto ciò che infinitamente lo trascende”
[19]. Scheler, ad esempio, “entifica il valore come tale, ed elide la persona, che è l'unica entità da cui il valore ha principio e in cui il valore consiste”: fa “della persona un mero sostrato portatore del valori (Wertträger)”[20]. Invece, “il primo contatto che l’io ha con se stesso gli attesta che la coscienza non è mai nella condizione, finta dalle scuole tedesche, del Bewubsein überhaupt, ma sempre nella condizione di una singola coscienza e della coscienza di un singolo”[21].

Parola.

Sulla scorta delle due opere, Platone e Imaginismo, s’accentua in Stefanini l’attenzione al linguaggio, ove si saldano inseparabilmente ragione e persona: non si pensa al di fuori del linguaggio, la forma più alta dell'agire propriamente umano.

“la parola ha portata cosmica e sociale in quanto implica una portata soggettiva e psicologica [...]. Noi comunichiamo con gli altri in quanto anzitutto comunichiamo con noi stessi: e, se la parola assume talvolta un valore logico, la sua struttura, che sembra renderla impersonale e astratta, non è che l'estrinsecazione dell'atto con cui l'intimità spirituale ritrova la propria interna coesione in una struttura razionale. La ragione, infatti [...] non è che il connettivo che salda la persona a se stessa, sopra la contingenza degli atti, dei fatti e la precarietà delle emozioni [...]. Exprimere est actus intrinsecus. Expressio est quaedam assimilatio (S. Bonaventura, De scientia Christi, q. 2)”
[22].

“L'atto con cui l'essere si rende presente a se stesso nell'ente personale può dirsi, indifferentemente, pensiero o parola: verbum”.

“Io sono l'essere che è in quanto si dice [...]. L'intima esperienza mi rivela che l'essere, nella sua natura personale, è essenzialmente il suo manifestarsi e il suo dichiararsi a se stesso”
[23].

“Non esiste persona [...] se non per la possibilità dell'essere di chiarirsi e pronunciarsi a se stesso. Il sensus sui [l'identità personale] si ricavi analiticamente dal verbum sui e valga ad indicare il calore dell'atto che stringe l'essere personale a se stesso e l'intimità del contatto che la parola stabilisce col parlante, quando la parola è l'aprirsi dell'essere a se stesso: amor in verbo”
[24].

Storia.

‘Parola’ non significa suono fonetico soltanto, ma tutto quanto appartiene all’espressione umana, nel senso più completo, sì da renderla, quando non è ‘verbalismo’, parola creativa. Nella parola, infatti, si costruisce la storia umana la quale, dal punto di vista del credente, s’interseca con la storia del Verbo, Parola incarnata. In tale visione umanistico-cristiana prende corpo nella mente di Stefanini, durante gli anni del secondo conflitto mondiale, una riflessione sulla storia della Chiesa cattolica e, dopo il conflitto, un’analisi storiografica sulla figura del Gioberti, con sullo sfondo il risorgimento italiano.
Nella prima, trasfonde la sua filosofia della storia, già emersa nei manuali scolastici, in cui riecheggia lo sviluppo dialettico di Idealismo cristiano. Quando la manifestazione dello spirito conduce ad acquisizione di libertà e di compattezza sociale, mediante le istituzioni, queste esprimono il meglio d’una civiltà (Vico è autore amato da Stefanini) attuando determinati valori morali e religiosi. A differenza dell’idealismo, però, nel processo storico è la persona il primo valore assoluto: un assoluto mai fine a se stesso e non autoponentesi.
Nella seconda, s’intersecano storia, teoresi e vita in un pensatore che, nel secondo dopoguerra, riassumeva paradigmaticamente istanze inderogabili: sentimento di patria, valori cristiani, rigore speculativo, problema della modernità. Nel Gioberti di Stefanini si ricompongono svariati temi: la concezione dell’essere in diretto rapporto con il pensante, la priorità logica dell’eduzione, l’insostituibile funzione dell’intuizione nell’attività conoscitiva, la partecipazione esistenziale agli avvenimenti del proprio tempo. Un’interpretazione storiografica che colse di sorpresa il mondo accademico d’impronta gentiliana. Quanto all’immancabile collegamento con la dimensione della fede, Stefanini vede in Gioberti uno che “non intende abolire il Cristianesimo bensì [...] lo mantiene razionalizzandolo”
[25]. Qui si profila il concetto di ragione intorno a cui si sviluppa tutta la filosofia stefaniniana.

Persona e razionalità.

Nella ragione, scrutatrice e in ascolto di tutto, senza preclusioni precostituite, con l’unica legge della fedeltà a se stessa, guidata dal senso dell’unità in cui sia rispettata la struttura unitaria dell’io, ciascuno di noi è giudice ultimo. Nessuna autorità esterna, nemmeno in nome della religione, può sostituirsi alla ragione.
Se della persona si può parlare in molti modi (come ragione, parola, libertà, ecc.), prende consistenza in lui il tema della persona nel clima dell’esistenzialismo (al XIII Congresso nazionale di Filosofia a Bologna, nel 1938, “con lo Stefanini vi s’affacciò l’esistenzialismo”
[26]. Lo approfondirà con il lavoro del 1944 su Heidegger e in vari saggi del 1949 in «Giornale di Metafisica»). In quella corrente filosofica egli vede esaltata la dimensione dell’individualità e della soggettività, alle prese con la concretezza della vita, ma anche un’inammissibile perdita di rigore razionale[27].
Ogni conoscenza, ogni valore morale, ogni rapporto sociale, ogni atteggiamento religioso devono trovare la loro origine e giustificazione nell’esperienza psicologica e nell’‘esercizio pieno della ragione’. Un enunciato di sapore esistenzialistico rivela l’impianto metafisico stefaniniano: “Nessuna metafisica si costruisce se il suo primo capitolo non è psicologico”
[28]; ribadendo così che “punto di partenza di ogni dimostrazione è l’esperienza che io ho di me stesso. L’io è il fatto primordiale e centrale dell’esperienza”; e “tutte le relazioni che io posso stabilire con la realtà circostante o sovrastante debbono passare attraverso questo punto di passaggio obbligato”. Pertanto la persona “non può trarre alla luce se stessa senza coinvolgere nell’atto proprio tutte le condizioni fisiche, sociali, storiche, metafisiche a cui è vincolata”[29].

“L’individualità personale […] è il nucleo dal quale si dispiega quel processo di pensiero che è la razionalità […]. L’intelligibile ha la persona alla base e al vertice, nel soggetto e nell’oggetto”
[30].

“Al contrario di quanto sosteneva lo Hegel – ‘la razionalità è la strada maestra dove ciascuno cammina e nessuno emerge’ -, si deve dire che la razionalità è il momento più alto dell’individualità”
[31]. E “per quanto la logica possa compiacersi di trasformare il concreto in astratto, l’unico principio primo, l’unica categoria, l’unica verità assiomatica che è preposta all’ordine della razionalità è l’io: [...] incontraddittorio, almeno se vuol realizzare la sua natura profonda” [32].

[Pertanto la] “filosofia, quale esercizio pieno della ragione, è impegno totale verso l'essere, e la sua formula è quella che indica ad un tempo una responsabilità morale ed un ideale di libertà: essere se stessi ed esserlo pienamente”
[33].

“Cercare la libertà nella ragione [...] è incontrare la nostra natura profonda, identificarsi con noi stessi” e “questo risultato è il frutto di una scelta sanguinosa, che s'impone e si rinnova di momento in momento nella lotta liberatrice dell'uomo contro le forze dispersive dell'indolenza, del vizio, in una parola, dell'irrazionalità”
[34].

La relazione del 1949, La mia prospettiva filosofica, segna la formulazione più efficace della sua filosofia della persona e stabilisce l’equivalenza di persona e ragione: “L’essere è personale in quanto razionale ed è razionale in quanto personale”. Solo così acquistano senso ‘esistenziale’ anche i primi principi: “i principii primi della ragione sono quelli di identità e di non contraddizione: purché s’intendano, non nella loro espressione algebrica: A é A, A non é non A, ma nella loro espressione esistenziale: Io sono io, Io non sono non io”
[35].

“Dichiarare insufficiente un procedimento meramente ontologico – che non si riferisca, cioè, all’ontologia vivente e attuale nell’intima esperienza dell’esistente – è mantener fede al punto di partenza, al quale si attengono per lo più gli ontologi: punto di partenza che dicesi comunemente molteplice e che io preferirei dire integrale, affinché gli elementi che esso comprende non possano apparire giustapposti ed estrinseci l’uno all’altro, ma fusi in un organismo dialettico, ricco di distinzioni le quali non debbono mai perdere il contatto con la matrice che le vivifica. Gli elementi considerati sono, di solito, i seguenti: l’esperienza, il principio di contraddizione, l’ulteriorità dell’esperienza e l’idea dell’essere.
Ora si osserva che l’esperienza non sviluppa il suo significato se non è intesa come l’esperienza che l’io ha di sé e, in sé, dei suoi contenuti.
Il principio di contraddizione non si giustifica se non come la resistenza che l’io oppone, nella sua unità e identità, alle forze che vorrebbero dividerlo da se stesso e scomporlo in una rapsodia caotica e convulsa.
L’ulteriorità dell’esperienza non si annuncia finché a confronto con le cose non sia posto l’io, coi suoi poteri spirituali d’interpretazione, di sintesi, di produzione; e finché l’io, abbattendosi ai limiti del suo potere nel suo lavoro d’interpretazione, di sintesi, di produzione, non riconosca l’ulteriorità d’un principio spirituale assoluto, nella cui produttività egli stesso si sente contenuto, recandone in sé l’orma e il sembiante.
Il concetto dell’essere, infine, non sarebbe che un sottoprodotto depotenziato dell’esperienza integrale, se lo si scindesse da quel concreto della persona umana, dove si sperimenta l’essere d’un pensante, cioè, non l’essere nella sua squallida indeterminazione, ma l’essere nell’inscindibile presenza dell’atto che lo determina; non l’essere cieco, fuori di un pensiero vuoto, che cerchi di riempirsene, ma l’essere soggetto e oggetto a se stesso nella consustanziale attuosità del pensiero, con cui l’essere si manifesta e si possiede. Ontologia, gnoseologia, logica – membra inanimate nella loro pretesa indipendenza e sufficienza o nella precedenza esclusiva attribuita ad una di esse sulle altre – riacquistano vitalità e vigore nel connettivo dell’esperienza cosciente”
[36].

Con tale saldatura di persona e ragione Stefanini compie un’operazione nuova nel panorama filosofico, non solo sui versanti esistenzialistico e idealistico, ma anche su quello propriamente logico e matematico.
Con la filosofia della persona anche il concetto di universale viene reinterpretato da Stefanini: vero universale è l’‘interpersonale’, in cui le diversità di ciascuno possono dialogare, confrontarsi criticamente, allo scopo di perfezionare ognuno la personale realizzazione della piena razionalità, d’intelligenza, sentimento e volontà. Dall’universale di tipo esistenziale, concreto e non astratto, prende le mosse ogni discorso di carattere sociale e sui valori in genere.
La persona vive, pertanto, un dilemma nell'intimo del suo essere. Più che altrove, in essa si configura una dialettica tra poli, ora contrapposti ora convergenti. Sorge così il problema del numero, ossia della misura per decidere sulla bontà, secondo eccesso o difetto di mimesi o di metessi, nelle diverse situazioni della realtà vissuta. Tra imitazione e partecipazione ne va della realizzazione della propria identità, ora minacciata ora implicata, nel rapporto mimetico/metessico. La dialettica è tra separazione, quale si ha nell'immagine che si stacca dall'originale, e tensione partecipativa per ripristinare l'unità perduta. E' il classico problema platonico della molteplicità e dell'unità che Stefanini mai perde di vista.
Quanto alla persona essa non è mai un numero, ma sempre una qualità. Come tale, una specie a sé, seppur indefinibile come essenza. La propria individualità, anche se condivisa con molti, come natura umana, non è quantificabile bensì qualificabile. Come essere qualitativamente unico tuttavia è, se vuole, comunicabile; e, nella comunicazione, mette in comune con altri la propria identità: libertà di esprimersi, di dirsi agli altri. Ciò avviene tanto più quanto più sa dirsi a se stessa. Conoscendosi e, riconoscendosi come dono ricevuto, entra in relazione con il Donatore assoluto. La filosofia della persona implica, quindi, una filosofia della trascendenza che comporta non l’esistenza di un quid assoluto, anonimo ‘motore immobile’, bensì un Chi persona, analogo a se stessa, dal quale, secondo ragione, so di essere causato nel mio essere e del quale, secondo fede, so di essere immagine.
Sarebbe comunque riduttivo classificare Stefanini come personalista spiritualista (significativi i suoi interventi chiarificatori in merito, per non essere confuso con certo esigenzialismo emotivo, che dà adito alla svalutazione della razionalità, o con certo metafisicismo, che gli valse persino l’accusa di razionalista negli ambienti di Lovanio).

Fede.

La particolare attenzione riservata da Stefanini all’ambito della fede, sempre rigorosamente considerata dal versante filosofico della razionalità, lo autorizza a parlare di speculazione cristiana. Filosofia e fede s’intrecciano integrandosi, senza confondersi, per cui “la formula, cui sempre obbedisco, che il filosofo non può parlare per fede, ma deve parlare della fede”
[37] comporta che “bisogna credere e pensare insieme, senza che la scienza dissolva la fede o la fede impedisca di riflettere e di comprendere”[38]; ed “il contatto con la speculazione laica e anticristiana dei giorni nostri deve essere per la speculazione cristiana come il fermento che la fa crescere e lievitare”[39]. Principio base nel rapporto di fede e ragione è: “Dio non può essere posseduto dall’uomo se l’uomo anzitutto non mette in atto tutte le sue risorse per conquistare se stesso. […] l’uomo ha bisogno dell’uomo per rapportarsi a Dio, altrimenti gli verrebbe meno il termine primo in cui Dio gli si manifesta”[40]
Certamente la filosofia può svilupparsi indipendentemente da contenuti di fede[41], ma, privandosene pregiudizialmente, non sviluppa a sufficienza le possibilità della ragione nell’accogliere, liberamente e non necessariamente, un surplus d’informazione che l’arricchisca senza contraddirla. L’esperienza limitata ai soli fatti accertabili con verifica empirica, è valida per la verità scientifica, necessaria ma non sufficiente per la verità sull’uomo. L’esperienza che conduce al generico concetto di essere, senz’essere, prima, esperienza del mio ‘io sono’, è insufficiente per la stessa verità sull’essere che si vuol conoscere. Non dunque metafisica dell’essere in generale, ma metafisica della necessaria ulteriorità, in corrispondenza ad un’interiorità di tipo platonico-cristiano che, nella realtà dell’essere personale, conferisce senso autentico alla soggettività moderna, in termini di compiuta razionalità. Del resto, osserva Stefanini, anche i positivisti fanno metafisica allorché teorizzano un’ulteriorità, rispetto ai fatti, nell’assumere il loro metodo come criterio di verità ultima.

“La ragione, mentre rivela noi a noi stessi nel nostro fare, nel nostro esperire, nel nostro giudicare, rivela anche a noi i limiti del nostro potere e ci rivela quell’incondizionato spirituale che ci contiene e ci fonda col suo atto creatore. È sempre la ragione che ci salda a noi stessi, esprimendo da noi l’idea che, validamente e in maniera proporzionata alla nostra capacità, ci significa l’assoluto con cui non possiamo confonderci, ma con cui dobbiamo porci in relazione se vogliamo portare a fondo la penetrazione del nostro essere personale.”
[42]

Pedagogia.

I termini in cui Stefanini s’è spesso occupato di pedagogia (concorde con la posizione gentiliana sul momento pedagogico mai avulso o secondario rispetto alla riflessione filosofica in senso stretto) riproducono sostanzialmente la concezione agostiniana del ‘maestro interiore’ cui dare ascolto e del quale il maestro esterno è soltanto guida ‘socratica’. Nella scuola del dialogo, ampiamente esposta nei suoi scritti, in parte raccolti verso la fine della vita in Personalismo educativo, ritroviamo tutta la sua filosofia. Riaffiora anche su questo versante la paideia platonica nella tradizionale saldatura in unità di verum, bonum et pulchrum (verità, bontà e bellezza). E sull’educazione estetica Stefanini è sovente intervenuto.

Arte.

Croce e Gentile trovarono in Stefanini più che l’oppositore prevenuto, l’interlocutore più vicino. Il primo, in particolare, nel serrato confronto in campo estetico. Attraverso il tema dell’arte si ripropone in Stefanini l’unicità e l’assolutezza della realtà della persona come unità di ‘stile’:

“l’arte, oltre a creare l’unità della forma, ne crea l’unicità: crea cioè quell’unità che non si ripete, e non si aggiunge alle altre unità formando con esse una molteplicità numerica, ma resta incomparabile, col tono singolarissimo che contraddistingue le fatture dello spirito e dicesi stile”.

Essa diviene parola assoluta, e tuttavia finita, e non parola ultima della verità. Quanto all’impostazione idealistica nota:

“Bisogna intendere fino in fondo l’alta sentenza del Gioberti che l’idealismo hegeliano è l’arte come metafisica: un’imagine poetica del mondo divenuta l’ultima parola della verità.
Poi il circolo hegeliano è stato spezzato, ma è rimasta la presunzione dell’arte di porsi come ultima parola della verità.
Questa presunzione è l’estetismo: non più un estetismo piramidale che tutto l’essere avvolge in una calda sintesi di emotività rivelatrice, ma un estetismo frammentario che accetta dell’arte guizzi istantanei i quali illuminano momenti isolati dell’essere, ciascuno colto nel baleno d’una fatua assolutezza”.
“L’arte è bensì, essa stessa, una sostanza temporale e spaziale […]. Ma in nessun caso si tratta di un abbandono dell’arte all’estensione e alla successione, quanto del dominio che essa esercita su entrambe, ritraendole nella puntualità dell’istante e nell’istantaneità della visione organica e unitaria.
[Invece] Heidegger, dopo di aver perduto il senso della esistenza in Sein und Zeit, fu sulla via di ritrovarlo quando in ‘Hölderlin und das Wesen der Dichtung’ s’incontrò con l’arte e ne apprese la capacità di fermare ciò che scorre e di ‘fondare ciò che resta’
[43].

Ciò si connette al concetto di creazione nell’artista che può essere, per Stefanini, sempre e soltanto concreazione mimetico-metessica con Chi tempo e spazio creò. Così “l’arte, appunto, ci porge la più valida approssimazione analogica al mistero”
[44]



Nota critica.

Quella di Stefanini rimane un’opera compiuta, anche se legata al suo tempo. Compiuta nel senso che si rivela straordinariamente organica e accessibile da ogni angolazione particolare. Legata al suo tempo per l’impianto espositivo: privilegia una certa assiomaticità (facente leva sull’intuizione e il gusto dell’evidenza, propria dell’entimema, accompagnata da implicito o esplicito rigore analitico-matematico, pensiamo a Bergson), dà importanza alla forma letteraria dell’espressione (erano tempi dannunziani), mantiene un legame con il tradizionale olismo della gerarchizzazione dei piani teoretici e dell’armonia tra i valori (come nella migliore tradizione classica, non tramontata e non incompatibile con la modernità), si crea il proprio spazio teoretico in diretto incontro/scontro con le dominanti correnti di pensiero in voga (idealismo, esistenzialismo, positivismo, pragmatismo, irrazionalismo vitalistico, ecc.) e vive, infine, il dissidio sempre più acuto tra ragione e fede (materialismo storico, relativismo dei valori, liberalismo laicista, ecc.).
In quanto ‘compiuta’ l’opera di Stefanini costituisce un punto di riferimento obbligato, diremmo un classico, intorno ad alcuni temi centrali. Suoi punti di forza possono essere: rafforzamento del concetto di ragione senza cadute nell’autoreferenzialità, educazione al senso della bellezza come componente umanistica prioritaria, salvaguardia dell’identità personale in risposta alle sollecitazioni massmediatiche tendenti a subordinare l’istanza d’Assoluto in nome di valori relativi (economia, istituzione, sociomorfismo, ecc.).
In quanto ‘legata al suo tempo’ tale opera, letta in chiave storiografica, va anche interpretata nella sua portata d’attualità
[45]. Ad esempio: revisione della metafisica classica (ontologia della persona), approfondimento gnoseologico della conoscenza per analogia (Imaginismo), attualità della scepsi platonica (verità come ricerca), inseparabilità di filosofia e pedagogia (dialogo come rapporto educativo), funzione insostituibile dell’estetica (esperienza dell’assoluto nell’arte), concetto di creatività e legame non estrinseco tra ragione e fede.
Egli non conobbe le fluttuazioni tra esistenzialismo e spiritualismo, che hanno consentito ad un L. Pareyson di avventurarsi nell’esplorazione della libertà a tutto campo, inclusa l’interpretazione in senso positivo del nichilismo. In compenso, l’erigere dei margini invalicabili all’irrazionalismo, insito per Stefanini in varie tendenze del pensiero e della prassi contemporanei, l’ha indotto a riportare sul tronco della tradizione un rinnovato concetto di ragione, divenuto sinonimo di persona, nel rapporto necessario con gli altri e con un Altro assoluto.
Certamente, per quanto pensatore originale e profondo, Stefanini non ebbe il supporto di una sua scuola accademica ed essendo quasi assenti dal mercato le sue opere, la rimemorazione del suo pensiero è oggi precaria e affidata a pochi. Il che non è imputabile alle sue personali capacità comunicative: ben nota era l’amabilità del suo carattere e trasparente lo stile del suo discorso appassionato e rigoroso (delle aule gremite di studenti suoi ed anche di facoltà scientifiche perdura tuttora il ricordo). Motivi meno estrinseci possono essere: l’impatto problematico del suo pensiero con le abitudini accademiche, le pregiudiziali laiciste e positivistiche nei suoi confronti e da ultimo, ma non ultimo, un certo tradizionalismo dei cattolici conservatori.
In breve, si dànno due versanti critici nei suoi confronti: uno interno allo spiritualismo italiano (Carlini l’accusa di troppa metafisica, Bontadini, invece, lo ritiene, amichevolmente, ‘il nemico numero uno della metafisica classica’, il collega Padovani, ed altri con lui, gli imputano un certo esigenzialismo nel tema della trascendenza, ecc.); ed uno esterno laico (idealistico che, con Gentile, rifiuta una concettualità dai residui immaginistici; o neorazionalistico, più critico in un Abbagnano, più problematicistico in Spirito; o in genere di quanti ritengono estranea alla razionalità l’inclusione del dato di fede).
Sulle varie interpretazioni del suo pensiero, che si sono comunque succedute dal 1928 ai nostri giorni, per limitatezza di spazio qui non citate, sarà utile consultare l’allegata bibliografia.


Conclusione.

Alla sua morte prematura il nome di Stefanini era divenuto simbolo del pensiero personalista, più che dello spiritualismo cristiano, da cui tendeva a differenziarsi. Sul piano della ricerca metafisica possiamo collocarlo tra la metafisica dell’essere, sia classica che neoscolastica del suo tempo, e l’attualismo idealistico. Ossia, tra il concetto di verità come ‘adaequatio’ e come ‘autoctisi’. In tale posizione, egli abbandona le astrattezze intellettualistiche intorno alle essenze per insistere su di un’ontologia concreta della persona, soggetto creativo di propri valori di libertà e produttivo di realtà nell’assolutezza dell’arte; ridimensiona le pretese trascendentalistiche, sia in versione kantiana che fenomenologica, ma apprezza la ricerca della verità a partire dalla coscienza, nel vissuto esistenziale dell’esperienza personale. In una parola, la sua antropologia filosofica intesse i fili d’una razionalità onnicomprensiva, attenta ad arginare gli eccessi razionalistici o logicistici, come ogni caduta nell’irrazionalità, per quanto esistenzialisticamente o nietzsceanamente suggestiva. La ragione al primo posto significa, per Stefanini, ad un tempo sfida contro le incombenti avvisaglie francofortesi di ‘crisi della ragione’ e rivendicazione d’autonomia per il soggetto umano, di fronte a qualsiasi autorità, nella sua libertà di darsi responsabilmente i propri valori, fede inclusa. Gnoseologia (imaginismo), pedagogia (dialogo) ed estetica (creatività) articolano, integrandosi, una nuova ontologia (persona), espressiva della sempre parziale, eppur sempre possibile, verità dell’uomo.
Sul piano storiografico, fondamentali possono considerarsi i suoi scritti su Platone, Bonaventura, Gioberti, Blondel, Heidegger. Le sue opere, che attraversano la complessa problematica intorno al senso della modernità, caratterizzano il suo pensiero, nell’intreccio con i dati della fede, all’interno del legame con la tradizione e nel necessario recupero delle ragioni della soggettività: un’indispensabile base speculativa per aggionamenti semantici sul tema della persona. Come tappa storica del pensiero, pur in gran parte disattesa così come avvenne per E. Stein cui è stato significativamente accostato, nell’aver posto la persona a fulcro di ogni riflessione filosofica, ha il suo miglior sigillo d’autenticità nella rettitudine di vita della stessa persona dell’autore.
Per chi l’ha conosciuto, il ricordo rimane ancora legato alla sua parola, precisa e profonda, dallo stile fascinoso, combattivo, sempre disponibile al dialogo. Per chi non l’ha conosciuto, egli vive nei suoi scritti, l’accesso ai quali, in carenza di mercato, è agevolato dalla Fondazione che porta il suo nome (
www.stefanini.org).

BIBLIOGRAFIA
Opere

(La bibliografia completa delle opere di Stefanini si può trovare in L. Corrieri, Luigi Stefanini. Un pensiero attuale, Prometheus, Milano 2002, pp. 172-224)
L'Azione. Saggio critico sulla Filosofia di M. Blondel, Editrice di Albrighi, Segati & C., Treviso, 1915.
Arte e vita nel pensiero di G.V. Gravina, in «Rivista di Filosofia Neo-Scolastica», XII, 2, 1920, (pp. 108-116), 3-4, (pp. 233-2446), 6, (pp.391-398); XIII, 6, 1921, (pp. 295-306).
Il problema del bello e didattica dell'arte (in Platone), S.E.I., Torino 1924.
Il problema religioso e didattica della religione (in Platone), S.E.I., Torino 1925.
Il problema morale nello stoicismo e nel cristianesimo, S.E.I., Torino 1926.
Il problema religioso in Platone e san Bonaventura, S.E.I., Torino 1926.
Il problema della conoscenza in Cartesio e Gioberti, S.E.I., Torino 1927.
Sommario storico della filosofia, S.E.I., Torino 1928 (dei manuali scolastici seguono molte altre edizioni, ampliate e rielaborate, con sommari storici di filosofia e di pedagogia, sino al 1956).
La pedagogia dell’ idealismo giudicata da un cattolico, S.E.I., Torino 1927.
Traduzione, prefazione e note a san Bonaventura, Itinerarium mentis in Deum, S.E.I. Torino 1928.
Reivindicatio, in «Convivium», 1, 1929, (pp. 86-100).
L'ortodossia di M. Blondel, in «Convivium», 1, 2 e 5-6, 1929, (pp. 280-298, 299-309 e 873-878).
Idealismo cristiano, Zannoni, Padova, 1931 (anche in «Convivium» 2, 1929, (pp. 280-298).
Il Rapporto Educativo. Proemio alla Scienza dell'Educazione, Cedam, Padova, 1932.
PLATONE, 2 voll., Cedam, Padova, I 1932, II 1935 (seconda edizione, aggiornata, nel 1949, di cui ristampa anastatica a c. dell’Università di Padova, Padova 1991).
Mens Cordis. Giudizio sull'attivismo moderno, Cedam, Padova, 1933, pp. 303.
Imaginismo come problema filosofico. Vol.I, Cedam, Padova 1936.
Inquietudine e tranquillità metafisica, Cedam, Padova 1937.
Incrementi dell'umanesimo, in «Giornale critico della Filosofia italiana», XIX, 1, 1938, (pp. 26-38).
Il momento dell'educazione. Giudizio sull'esistenzialismo, Cedam, Padova 1938, (riedizione aggiornata, Il dramma filosofico della Germania, Cedam, Padova 1948).
Problemi attuali d'arte, Cedam, Padova 1939.
Arte e Critica, Principato, Milano 1943.
Spiritualismo cristiano, in AA.VV., Filosofi italiani contemporanei, Marzorati, Como 1944, pp. 385-393.
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La Chiesa cattolica, Principato, Milano 1944.
Gioberti, Bocca, Milano 1947.
Metafisica della forma e altri saggi, Liviana, Padova 1949.
Metafisica dell'arte e altri saggi, Liviana, Padova 1948.
Metafisica della persona e altri saggi, Liviana, Padova 1950.
La mia prospettiva filosofica, in AA.VV., La mia prospettiva filosofica, Liviana, Padova 1950.
Il primo e ultimo Blondel, in AA.VV., Attualità filosofiche, Liviana, Padova 1948, pp. 314-333.
Personalismo sociale, Studium, Roma 1952.
Esistenzialismo ateo ed esistenzialismo teistico. Esposizione e critica costruttiva, Cedam, Padova 1952 (già pubblicato in «Giornale di Metafisica» 1, 1949 (pp. 28-6); 2, 1949 (pp. 144-168); 3, 1949 (pp. 260-289); 1, 1950 (pp. 81-108); 2, 1950 (pp.180-203); 3, 1950, (pp.261-284); 4, 1950 (pp. 459-482).
Essere e imagine in Parmenide, in «Giornale Critico della Filosofia Italiana», 1, 1952, (pp.35-69).
Itinéraires métaphysiques, Aubier, Editions Montaigne, Paris, 1952.
Estetica, Studium, Roma, 1953.
Il preimaginismo dei greci. Pitagora - Eraclito - Parmenide – Gorgia (dispense), Cedam, Padova, 1953.
Educazione estetica e artistica, La Scuola, Brescia, 1954.
L'arte come parola assoluta, in «Giornale critico della Filosofia italiana», 2, 1954, (pp. 218-240).
L’esistenzialismo, in AA.VV., Eresie del secolo, Pro Civitate christiana, Assisi 1954, pp.63-94.
Personalismo educativo, Bocca, Roma, 1955.
Lezioni sulla filosofia contemporanea. Idealismo - Marxismo – Esistenzialismo (dispense), Presbyterium, Padova, 1955.
L'entimema personalistico di Giovanni Gentile, in «Giornale di Metafisica», X, 1, 1955, (pp. 85-102).
Personalismo filosofico, Bocca, Roma, 1956.
Linee di un'estetica del cinematografo, in "Rivista di Estetica", I, 2, 1956, (pp. 3-27).
Trattato di Estetica, L'arte nella sua autonomia e nel suo processo, vol. I, Morcelliana, Brescia, 1960.

Critica

Ampia rassegna delle principali pubblicazioni su Stefanini dal 1928 al 1996 in:
L. Stefanini, La mia prospettiva filosofica, Canova, Treviso 19963, pp. 143-160.

Pubblicazioni e Convegni dal 1996 al 2004:
AA.VV. Atti del Convegno “Rosmini e Stefanini” - Treviso 1997, con APPENDICE su I Convegno “Fondazione L. Stefanini” - Treviso 1996, Prometheus, Milano 1998.
AA. VV. Luigi Stefanini. Linguaggio, interpretazione, persona, a c. G. Crinella, Studium, Roma 2001.
AA. VV., Atti del Convegno “Evoluzione e Prospettive della Persona nella Cultura e nell’Economia veneta del XX secolo” - Treviso 2000, Faggionato, Montebelluna 2001.
L. Corrieri, Luigi Stefanini. Un pensiero attuale, Prometheus, Milano 2002.
A. Buccolieri, Il Platone di Luigi Stefanini. Il rapporto Eros-Logos, Prometheus, Milano 2002.
AA. VV. Atti del Convegno “E. Stein e L. Stefanini” - Treviso 2002, Prometheus, Milano 2004.

N O T E

[1] Archivio Fondazione L. Stefanini.
[2] Ivi, Lettera del 5 gennaio 1915 del vescovo A. Longhin. Stefanini risponde di ritenere “lecito esprimere, in materia opinabile largamente controversa, un modesto dissenso, perfettamente condiviso da insigni personalità del movimento cattolico”.
[3] “Perché, dopo di aver messo in evidenza le ragioni per cui i filosofi moderni non sono cristiani, si dovrà trascurare di porre in luce i motivi per cui essi […] continuano loro malgrado o inconsciamente ad essere cristiani?” Reivindicatio, in «Convivum», I, n.1, 1929, pp. 89, 90.
[4] L'Azione. Saggio critico sulla Filosofia di M. Blondel, Editrice di Albrighi, Segati & C., Treviso 1915. In seguito, l’autore in parte la ridimensionerà.
[5] Cfr. Testimonianza in L. Stefanini, La mia prospettiva filosofica, Canova, Treviso 1996, pp. 33-42
[6] Non deve sfuggire in Stefanini l’uso di termini tipicamente idealistici: atto, spirito, storia, creatività, ecc., che all’interno della speculazione stefaninina svolgono un ruolo semantico decisivo.
[7] Ad esempio: attivismo sul piano educativo e scolastico; libertà personale e dipendenza dall’immagine nel ‘sociomorfismo’ dei comportamenti di massa in democrazia; significato complessivo del marxismo; interpretazione della storia; limiti della psicanalisi; dignità del lavoro artigianale; ecc.
[8] Cfr. Bibliografia completa in L. Corrieri, Luigi Stefanini. Un pensiero attuale, Prometheus, Milano 2002, pp. 173-224.
[9] Il problema della conoscenza e l'educazione scientifica, S.E.I., Torino, 1927, p. 138
[10] G. Santinello, Prefazione, in Platone, Padova 1991, voll. I, II, ristampa anastatica [qui citata] della 2a edizione, Cedam, Padova 1949, p. V.
[11] Così G. Reale; “ma – aggiunge - la sua tesi di fondo è oggi improponibile” «Rivista di filosofia neoscolastica» (85), 1993, p. 135. Eppure sappiamo, secondo qualche lettura recente, che non sarebbe “su questo specifico elemento ermeneutico che si decide di un'attualità o meno della lettura stefaniniana di Platone”. La pretesa ‘dottrina’ platonica dei principi Uno e Diade potrebbe infatti essere semplicemente “un'ipotesi che egli (Platone) intendeva fosse da verificarsi dialetticamente accanto ad altre possibili” (Linda M. Napolitano Valditara, Prefazione a A. Buccolieri, Il Platone di Luigi Stefanini, Il rapporto Logos-Eros, Prometheus, Milano 2002, pp. 11-12. Cfr., in merito, anche il saggio della stessa L. Napolitano, Riparlare di Platone, «Metexis», 7 (1994), pp. 5-29). Questa lettura aperta, dialettica di Platone, spesso oggi opposta a quella esoterista di Reale (cfr. M. Vegetti, Quindici lezioni su Platone, Einaudi, Torino 2003, p. 73), pare già esplicitata efficacemente proprio nella felice lettura sceptica che Stefanini fa di Platone. Lettura antesignana, per quest’aspetto, di quelle oggi correnti.
[12] Platone, I, pp. XXXIII-IV
[13] Platone, II, p. 196
[14] Platone , II, p. 197
[15] Cfr. Platone, II, p. 198
[16] Platone, II, p. 199
[17] Imaginismo come problema filosofico, vol. I, Cedam, Padova, 1936, pp. 175-176
[18] Cfr. Estetica come scienza della parola assoluta, Dispense, Cedam, Padova, 1952
[19] Il dramma filosofico della Germania (2a edizione di Il momento dell'educazione. Giudizio sull'esistenzialismo, Cedam, Padova, 1938), Cedam, Padova, 1948, p. 35. Nel 1954 ribadisce: “Nessuna specie di dogmatismo è tanto radicale quanto certa fenomenologia attualissima che registra passivamente i momenti del Dasein e perfino i dati mentali, rinunciando ad esplicare rispetto ad essi l'azione giudicativa e sintetica della ragione” Personalismo educativo, Bocca, Roma, 1955, p. 125
[20] Personalismo educativo, p. 26
[21] Esistenzialismo ateo ed esistenzialismo teistico. Esposizione e critica costruttiva, Cedam, Padova, 1952, p. 301 (già pubblicato nel "Giornale di Metafisica" del 1949, nn. 1-3 e del 1950, nn. 1-4)
[22] Esistenzialismo ateo, p. 313
[23] Personalismo filosofico, Morcelliana, Brescia 1962, p. 11. La mia prospettiva filosofica, in AA.VV., La mia prospettiva filosofica, Liviana, Padova 1950, pp. 11-12
[24] Personalismo filosofico, p. 3
[25] Gioberti, Bocca, Milano, 1947, p. 39
[26] E. Garin, Cronache di filosofia italiana, Laterza, Roma-Bari 1997, p. 454
[27] Per Garin “lo Stefanini era lettore troppo sottile e informato per non vedere, a un tempo, l’equivoco, o l’ambiguità, dell’esistenzialismo, e il suo fondo irrazionalistico”, Cronache, p. 548
[28] La mia prospettiva filosofica (in AA.VV., La mia prospettiva filosofica, Liviana, Padova, 1950), Canova, Treviso 19963, p. 14
[29] La mia prospettiva, pp. 9, 10, 20
[30] Il problema della filosofia oggi, in Personalismo filosofico, p. 15
[31] Rapporto Educativo. Proemio alla Scienza dell'Educazione, Cedam, Padova, 1932, p. 154
[32] La mia prospettiva, p. 17
[33] Personalismo educativo, p. 118
[34] Irrazionalismo e persona, in Personalismo filosofico, 141-142
[35] La mia prospettiva, pp. 16, 17
[36] Metafisica della persona, Liviana, Padova 1950, pp. 4- 5
[37] Personalismo sociale (1952), Studium, Roma 19792, p. 54
[38] AA.VV., L’ineffabile nella critica d’arte, in Studi critici, Bocca Milano 1942, p. 153
[39] Reivindicatio, p. 99
[40] Personalismo sociale, pp. 21-22
[41] “la filosofia non fa violenza né all’uno né all’altra [libero pensiero e fede]; […] è terreno neutrale in cui possono convivere l’ateo e il credente” Il problema religioso e didattica della religione, p.14
[42] Discordia Concors, in Personalismo filosofico, p. 41
[43] Metafisica dell'arte, pp. 39, 16
[44] Metafisica dell’arte, p. 13
[45] Cfr. L. Corrieri, Luigi Stefanini. Un pensiero attuale, Prometheus, Milano 2002.